Mappatura degli Stakeholder: la storia del nostro progetto d’innovazione

Uno dei nostri progetti più innovativi è il“Social Hub”: ideato e costruito in collaborazione con un team di specialisti di reputation management e comunicazione, rappresenta il più moderno esperimento al mondo – riuscito – di rendicontazione integrata online multinacanale e multistakeholder.

Si tratta di una piattaforma web che mette l’organizzazione in grado di comunicare con tutti i propri pubblici di riferimento, rendicontando ai cittadini – in tempo reale – sui progressi dell’organizzazione nell’assolvimento del proprio mandato.

Il Social Hub è un’evoluzione innovativa nel campo degli strumenti di rendicontazione, un sfida che è punto di arrivo di un progetto sperimentale che garantisce un flusso di dati totalmente disintermediati 365 giorni all’anno, senza soluzione di continuità, imputati direttamente on-line non dalla sola azienda bensì anche dagli stakeholder dell’organizzazione, che collaborano attivamente all’aggiornamento di numerose tabelle inserite in un apposito cruscotto di indicatori.

Per comprendere la portata del contributo di questo modello all’evoluzione delle buone prassi nel settore della rendicontazione integrata, occorre approfondire alcuni aspetti legati alla storia della Logica. 

Il sistema normalmente applicato a tutti gli strumenti di rendicontazione è quello della “logica Aristotelica”: in logica classica, il principio di non contraddizione afferma l’incongruenza di ogni affermazione la quale implichi che una certa proposizione “A” e la sua negazione – diciamo la proposizione “non-A” – sono allo stesso tempo entrambe vere. Aristotele infatti diceva che “…non è lecito affermare che qualcosa sia e non sia nello stesso modo ed allo stesso tempo…”. Ne deriva che – in base a questo paradigma – vi è un esatto punto oltre il quale un pubblico non è più di interesse dell’organizzazione. O si è stakeholder, o non lo si è: ciò che c’è oltre l’ipotetica linea di demarcazione, non deve minimamente interessare l’organizzazione, che in questo modo – però – pone di fatto un limite alla propria stessa licenza di operare.

Agli inizi dei ruggenti anni ’60,  all’Università di Berkeley, Lotfi Zadeh, un Professore molto noto per i suoi contributi alla teoria dei sistemi, si convinse che le tecniche tradizionali di analisi di tale teoria erano così schematiche e “precise” da risultare inadeguate a descrivere molti dei problemi tipici di quell’epoca di forte rinnovamento. Zadeh elaborò una nuova teoria, che alcuni percepirono inizialmente in contraddizione con la logica aristotelica – e ne nacquero accese discussioni accademiche! – ma che invece si rivelò essere, come vedremo, una sua evoluzione dettata dallo sviluppo dei tempi e del pensiero: la logica “ad infiniti valori di verità”, basata sul concetto di “insiemi sfumati”, anche conosciuta come “logica fuzzy” (da indeterminato, sfumato, sfocato). Si tratta di un approccio alla logica in cui si può attribuire a ciascuna proposizione un grado di “verità variabile” compreso tra un valore 0 ed un valore 1. Quest’intuizione, utilissima per spiegare molti fenomeni moderni, era stata tratteggiata già prima da ricercatori del calibro di Bertrand Russel ed Albert Einstein, ma venne codificata in modo articolato per la prima volta proprio dal Prof. Zadeh. 

Quando parliamo di grado di verità o valore di appartenenza intendiamo dire – disorientando forse un po’ le nostre mentalità cartesiane, pregnate dal concetto “o e vero o è falso, o è bianco o è nero” – che una certa proprietà oltrechè essere vera (cioè con valore 1) o falsa (cioè con valore 0) come prevede la logica classica, può anche essere contraddistinta da valori intermedi: vero è che “o si è vivi o si è morti” (valore 1 o valore 0) ma altrettanto vero è che – in logica fuzzy – si può assegnare ad un neonato valore 1, ad un ragazzo appena maggiorenne valore 0,8, ed a un anziano pensionato settantenne valore 0,15. Detta così può apparire banale, ma la codificazione di questa riflessione sotto forma di algoritmi matematici avviò una vera e propria rivoluzione nel mondo della logica moderna.

Abbiamo quindi applicato i concetti su esposti alla Responsabilità Sociale delle imprese, elaborando un nuovo tipo di procedimento per mappare gli stakeholder basato sull’assunto che “tutti sono stakeholder”, semplicemente con infiniti e sfumati valori di coinvolgimento. La mappa così concepita, è uno strumento innovativo per la lettura dei fenomeni nei quali viene coinvolta l’Organizzazione e delle dinamiche di comunicazione e interazione con i nostri pubblici. Laddove tradizionalmente, l’azienda era infatti rappresentata “al centro”, con intorno all’azienda, collegati da una linea ciascuno, i vari portatori d’interesse, questa nuova mappa degli stakeholder utilizza un diagramma cartesiano a 4 quadranti: nessuna correlazione tra l’Organizzazione e gli stakeholder, Organizzazione dominante sullo stakeholder, stakeholder dominante sull’Organizzazione, e – infine – interconnessioni reciproche e forti.

La nostra modalità di rappresentazione dei rapporti tra l’Organizzazione e i propri pubblici va ben oltre l’aspetto meramente grafico, e finisce per coinvolgere nel profondo l’aspetto filosofico di questa materia: l’Organizzazione è rappresentata come una “texture di fondo” sulla quale “si appoggiano gli stakeholder, a raffigurare l’esatta “coincidenza” di obiettivi e desideri tra la prima e i secondi, enfatizzando visivamente Il modo con il quale percepiamo il nostro ruolo nei confronti del pubblico e intendiamo rapportarci – nel senso più ampio del termine – a ciò che ci circonda. 

La nostra azione di input verso uno stakeholder, finirà per generare una rielaborazione di informazioni anche all’interno del perimetro dello stakeholder stesso, modificando in parte il suo DNA, e queste modifiche finiranno inevitabilmente per produrre alterazioni all’interno del perimetro dei pubblici d’interesse del nostro stakeholder, applicando così alle dinamiche tra Organizzazione e stakeholder il principio che sta alla base delle reti neurali.

Nelle “reti neurali artificiali”, al termine di ogni fase del processo di apprendimento, il nodo avente un vettore di pesi più vicino ad un certo risultato desiderabile è considerato il nodo “vincitore”, e tutti i pesi sono aggiornati automaticamente in modo da avvicinarli a tale valore. Dato che ciascun nodo ha un certo numero di nodi adiacenti, quando un nodo vince una competizione, anche i pesi dei nodi adiacenti sono modificati, secondo la regola generale che più un nodo è vicino al nodo vincitore tanto più marcata è la variazione dei suoi pesi. Questo è ciò che succede in una mappa di stakeholder, laddove una buona prassi ha alte probabilità di venir adottata da tutto il network e diventa quindi il nuovo valore di riferimento.

Il tipo di mappa evoluta ideato sulla base di questo modello è quindi un tentativo per codificare graficamente questi concetti: ci sentiamo così strettamente connessi ai nostri pubblici, da arrivare ad affermare che l’Organizzazione non ha relazioni con i propri stakeholder, l’Organizzazione “è” i propri stakeholder, e gli stakeholder sono l’Organizzazione, perché come Organizzazione siamo parte integrante di uno scenario sociale complesso, con una missione che va ben al di là del mero coinvolgimento dei “pubblici di prossimità”.

Anche il posizionamento dei pubblici sulla mappa non è affatto “casuale”, bensì è frutto della compilazione di dettagliate “checklist” da parte degli stakeholder stessi e dei loro referenti  all’interno dell’azienda, i cui risultati determinano, mediante l’assegnazione di un valore numerico da -5 a +5 (e relative frazioni decimali), il posizionamento dell’icona rappresentante uno specifico pubblico in un preciso punto dello schema, secondo appunto la misurazione dell’“influenza” dello stakeholder sull’organizzazione e viceversa.

Ogni stakeholder è quindi durante l’anno oggetto di specifiche strategie e azioni di comunicazione, elaborate “ad hoc”, tendenti a generare il cambiamento nella relazione necessario per spostare lo stakeholder – ovviamente – sempre più verso il riquadro in alto a destra, quello delle “interconnessioni forti” tra l’Organizzazione e lo stakeholder stesso.